LA STORIA DEI TRAM FIORENTINI

 

STATO DELLA RETE E DEL MATERIALE ROTABILE

Oggi si riconosce, giustamente, che la decisione di sopprimere il servizio tranviario si è rivelata un errore; bisogna tuttavia ammettere che a Firenze, al contrario che in altre città italiane, non esistevano le condizioni di base per mantenere in esercizio la rete tranviaria così come allora era strutturata

L’impostazione della rete risaliva alla fine del XIX secolo: tutte le linee presentavano numerosi tratti a binario unico, anche su strade relativamente larghe, che ovviamente, con l’aumentare del traffico privato, costringevano i tram a pericolose marce in contromano, sia in centro che in periferia.

Particolarmente difficile era la situazione in cui venivano a trovarsi i tram delle linee extraurbane per il Galluzzo e Tavarnuzze, transitanti sulla Via Cassia, unica arteria di collegamento con Roma ed il Sud.

In città la mancanza di corsie riservate e sedi proprie era pressoché totale. L’unica rilevante eccezione era costituita dalla linea del Viale dei Colli, la storica linea 13, dotata di una lunga sede riservata per quasi tutto il percorso collinare, anche se a binario unico; i raddoppi sono ancora oggi facilmente individuabili lungo il controviale esterno.

Per contro, la manutenzione degli impianti fissi rimase sempre eccellente, anche a rete già condannata, e parimenti eccellente era la pavimentazione delle strade percorse del tram. Vale la pena di aggiungere che alcuni percorsi erano di eccezionale fascino, in particolare quelli per Porta Romana e Porta San Frediano, che traversavano il cuore pulsante della Firenze più autentica. Di pari fascino, fino alla chiusura delle linee 14, 15 e 34, era il percorso per Via dell’Agnolo e Via Ghibellina, nel cuore dell’antico quartiere di Santa Croce.

Quanto al materiale rotabile, composto ancora in gran parte da vetture a due assi non ricostruite, la sua vetustà e la sua scomodità, sia per i passeggeri che per il “personale di condotta”, come allora si diceva, facevano sì che quest’ultimo ne reclamasse sempre più insistentemente la sostituzione: i tram, nella loro versione originale, non erano dotati di cabine di guida, ed il manovratore spesso non aveva neppure un sedile a propria disposizione.

Le motrici ricostruite erano certamente molto più comode per passeggeri e personale di bordo, ma il loro impiego era giocoforza limitato dall’inadeguatezza della rete, ed esse erano in ogni modo altrettanto lente delle vecchie.

D’altro canto, come già ho avuto modo di scrivere, i tram di Firenze erano di una robustezza a tutta prova: riuscivano a trainare anche due rimorchi a pieno carico senza apparenti difficoltà ed a percorrere senza incertezze le ripide salite del Poggio Imperiale e del Viale dei Colli; per quanto mi ricordi, non ne ho mai vista una in panne. Va anche detto che, come per gli impianti fissi, la loro manutenzione è stata impeccabile fino all’ultimo giorno: nonostante l’intensa utilizzazione, le vetture erano sempre molto pulite, le luci interne ed esterne funzionavano perfettamente, la verniciatura non presentava il minimo graffio.

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