CARATTERISTICHE DEL SERVIZIO, FERMATE, CARTELLATURE DI LINEA
Contrariamente a quanto è accaduto una decina d’anni più tardi ai
filobus, fino all’ultimo giorno di servizio i tram sono stati
impiegati per l’intera settimana, festività incluse, e lungo l’intero
arco giornaliero di servizio. Sulla linea 17, la linea dall’orario più
lungo, le prime vetture entravano in servizio intorno alle 6 del
mattino e terminavano il servizio a notte inoltrata: l’ultima vettura
rientrava in deposito alle 1,15.
Le frequenze dei passaggi sulle linee più affollate, la 6 e la 17,
erano notevoli: in pratica una vettura ogni 3/4 minuti nelle ore
mattinali di punta. Nonostante ciò, era tutt’altro che raro veder
ripartire i tram dalle fermate centrali strapieni in modo
inverosimile, con i passeggeri appesi alle grosse maniglie di ottone
delle vetture più vecchie, in precario equilibrio sul predellino. Le
vetture dotate di porte automatiche spesso non riuscivano a
chiuderle, mentre all’interno si viaggiava stipati in modo angoscioso
e sopportabile solo per la brevità dei percorsi.
Le fermate erano di regola indicate da una targa rettangolare di
metallo, di minuscole dimensioni, appesa ai cavi trasversali della
rete aerea, recante la scritta FERMATA
OBBLIGATORIA (bianca in campo rosso),
FERMATA SUSSIDIARIA (nera in
campo bianco traversata da una diagonale rossa) o
FERMATA FACOLTATIVA. Il sistema
di segnalamento delle fermate, a dire il vero, era tutt’altro che
comodo. Se non si era pratici della zona, bisognava volgere gli occhi
al cielo per cercare la più vicina fermata, o, se si avevano gambe
buone, cercare di prendere al volo il tram quando rallentava agli
incroci. Una volta a bordo, il bigliettaio si limitava a far presente
che tale pratica era vietata dai regolamenti di servizio, senza troppo
insistere. Al contrario, non c’era nessuna tolleranza verso i
ragazzini che cercavano di viaggiare appesi sul retro delle vetture,
alla maniera di quanto succedeva, ad esempio, a Napoli: il personale
di bordo era in questo caso inflessibile, salvo che nel caso
particolarissimo delle corse per lo Stadio Comunale. Le vetture
bidirezionali viaggiavano di regola con le quattro porte aperte,
dovendosi spostare frequentemente da un lato all’altro della strada a
causa dei numerosi tratti a binario unico; facile immaginare quale
fosse in inverno la gioia dei conducenti, provvisti, infatti, di
pesanti cappotti neri.
Sulle linee extraurbane capitava, come ho già rammentato, che venisse
talvolta sistemato un cancellato metallico su di un lato, mediante un
semplice sistema di chiusura a scatto. Era anche possibile chiudere le
aperture su un solo lato della vettura mediante porte di legno dotate
di finestrino, parimenti fissate alla vettura da una chiusura a
scatto, facilmente rimovibili, ma di regola questo accadeva solo
sulle vetture della linea 19 fino a quando questa effettuò l’intero
percorso circolare.
Come si è detto, erano numerosi su tutte le linee i tratti a binario
unico, cui si accedeva tramite normali scambi; la soluzione dei binari
compenetrati era stata preferita solo per il Cavalcavia delle Cure,
molto più stretto di adesso, per Via de’ Castellani e per Via della
Colonna, all’altezza dell’Ospedale degli Innocenti.
Negli anni ’50 le motrici non ricostruite portavano la cartellatura di
linea adottata durante il periodo bellico a causa dell’oscuramento,
semplice e funzionale, e visibile anche a grande distanza, analoga a
quella ancor oggi in uso sui Peter-Witt milanesi, cartellatura che
aveva sostituito le caratteristiche tabelle in legno, anch’esse di
grande visibilità, montate in precedenza sull’imperiale delle vetture.
Ovviamente le motrici ricostruite adottavano cartelli analoghi a
quelli di tram e filobus, verniciati in nero (o rosso) su sfondo
bianco, recanti l’indicazione dei capolinea: un sistema semplice e
razionale, tornato solo di recente in voga.
Le indicazioni sulle vetture più vecchie, una veletta nera fustellata
o un cartello di metallo verniciato, erano invece lapidarie:
MONTICELLI, CASCINE, P. PUCCINI, S.
GERVASIO. La linea 19, negli ultimi mesi di esercizio, portava
una strana veletta AMENDOLA,
non corrispondente ad alcun capolinea. Molti tram, numero di linea a
parte, non recavano indicazioni di sorta.
Se laconica era l’informazione a bordo, del tutto assente era a terra,
fatta eccezione per pochissime fermate centrali: dopo la ”Operazione
Strade” le uniche paline provviste di indicazione dei percorsi rimaste
in uso erano situate in Piazza Stazione. Gli orari non erano indicati,
fatta eccezione per la prima e l’ultima corsa. Erano verniciate di
verde scuro e sormontate dalla scritta bianca in campo rosso
FERMATA OBBLIGATORIA.
Evidentemente si supponeva che gli utenti fiorentini conoscessero bene
orari e percorsi, e sapessero quindi quali mezzi prendere, mentre per
i turisti, numerosi anche allora ma non ancora arrivati in massa, si
prevedevano taxi e carrozzelle: erano ancora in servizio, tra
l’altro, dei magnifici landò verniciati di nero e blu, ed accanto
alla colonna di Piazza Santa Trinita era quasi sempre possibile
ammirarne uno o due in sosta. |