Lecce, 13
dicembre 2004
Mi chiamo Alessandro, sono un musicista (un batterista, per la
precisione) e vivo a Lecce ma sono di origini napoletane, un
fuorigrottese quasi D.O.C. Ciò che non mi rende completamente
partenopeo è l’ origine slovena , da parte di mio padre, ma sono
radici di cui vado orgoglioso. Evidenzio la mia napoletanità perchè
sto per raccontarvi una bella esperienza a me capitata a Napoli e,
vedi un po’, proprio nei pressi di Fuorigrotta:
Partii circa un anno fa per il capoluogo campano con l’ intenzione
di incontrare alcuni amici che hanno lo stesso mio interesse e
passione per qualcosa che non riscuote un successo di massa: il
tram!! Ebbene, tale pazzia, se così la voglia chiamare chiunque
legga queste righe, è talmente forte che si sta addirittura formando
un’associazione per la salvaguardia dei tram che coinvolgerà tutte
le città italiane in cui questo mezzo di trasporto e o è stato
presente.
Ora vi racconto ciò che mi è successo : In occasione di quell’
incontro prenotai una stanza nei pressi di via Nuova Agnano, dove
una volta c’era lo stabilimento Italsider.
Arrivai con un Eurostar alla stazione di Campi Flegrei poco prima
dell’ora di pranzo. Da lì, andai a prendere il tram (non poteva
essere altrimenti) in direzione Dazio, alla fermata che sta proprio
di fronte alla stazione. Dopo poco più di 5 minuti in lontananza
cominciai a scorgere l’inconfondibile sagoma di una bella vettura a
carrelli: il numero 1 arrivava! Preparai quei pochi bagagli che
avevo con me e subito dopo montai su.
Stranamente, per essere ora di punta, il tram era quasi vuoto.
Obliterai il biglietto e, come mio solito fare, mi misi davanti,
presso il posto di guida.
Camminando per tutta la lunghezza del mezzo, dalla parte posteriore
a quella anteriore, mi accorgevo che quei pochi passeggeri mi
osservavano dalla testa ai piedi… beh, un po’ li capivo, dato che
ero vestito tutto di nero, con delle catenelle che dondolavano dai
passanti dei miei pantaloni, capelli lunghi sino a metà schiena e
calzavo degl’ anfibi lucidi non del tutto allacciati… insomma,
impersonavo bene il genere di personaggio che poteva venir fuori
dalla mia cultura musicale. Era evidente che quelle persone non
avevano mai visto uno acconciato in quel modo anche se la mia
“divisa” da concerto è alquanto sobria rispetto al normale.
Mi sedetti mentre il tram era già partito. In quel momento pensai,
guardando l’orologio, che l’ albergatore non avrebbe avuto problemi
nell’ attendermi: gli avevo comunicato che se fossi arrivato in
ritardo avrei raggiunto l’ albergo presumibilmente entro le due del
pomeriggio, ma la tabella di marcia era pressocchè perfetta e il
tram avrebbe impiegato altri 10 minuti da piazzale Tecchio per
lasciarmi nei pressi di via Nuova Agnano. Dalla fermata avrei
impiegato meno di 5 minuti a piedi per raggiungere l’ albergo. Già
immaginavo di posare le valige in camera e rilassarmi da un viaggio
che comunque era andato niente male.
Il contrattempo che da lì a poco mi stava per capitare era dovuto
dal fatto che a guidare il tram era una donna e non un uomo…
accidenti, questa avventura, ve ne accorgerete, sarà determinante
come un macigno caduto sulla testa.
Notai la grande disinvoltura di quella giovane e affascinante
tranviera con cui guidava quel mezzo un po’ particolare. Continuavo
a fissare come spostava le leve di comando, come fosse una massaia
che mescola l’ insalata da condire oppure come vedere la destrezza
con cui un batterista jazz suona il proprio strumento con le
spazzole.
Dopo un po’, la tranviera si accorse di essere osservata da strani
occhi incuriositi, tanto che mi chiese, spiazzandomi per
l’estemporaneità della richiesta, quale fosse la mia fermata. Capii
subito che parlava a me, pensando anche che avesse scambiato i miei
sguardi per un tentativo d’approccio, ma volevo esserne sicuro, per
evitare inutili imbarazzi, quindi aspettai a risponderle… Lei
insistette: “Dico a te, metallaro…” – quando sentii quel
termine…beh, non ho avuto più dubbi: parlava con me:
“Ehm… Devo scendere alla fermata nei pressi di via Nuova Agnano”
- Quindi… tra 5 fermate!
- Ma.. non so…
- Si , tranquillo… tra 5 fermate sarai arrivato a destinazione!
Trovai molto interessante il fatto che subito mi diede del tu. Poi,
riflettendoci un po’e facendo passare del tempo, rendendomi conto
che la mia fermata era sempre più vicina, le chiesi
se avesse voluto che scendessi dal mezzo a causa di quella mia
attenzione per lei e se fossi causa di fastidio dato che era
impegnata nella guida. Mi rispose:
- No… e perché? Ho notato solo che mi osservavi…-
- Non volevo essere invadente- le dissi- ma… - Mi interruppe
avvisandomi che sarei arrivato alla fermata.
Scesi dal tram. Appena misi piede a terra mi girai per guardarla per
l’ ultima volta e con rammarico speravo in un altro incontro con
quel dolce essere che avevo incontrato proprio viaggiando
sull’oggetto dei miei desideri.
Conoscendo la distanza tra l’ albergo ed il capolinea del Dazio, in
mente feci un calcolo sul tempo che quel tram avrebbe impiegato per
tornare nello stesso punto, così lanciai uno sguardo al numero di
matricola della vettura tranviaria (era la n° 975) in modo da avere
in mente quale fosse il tram condotto da quella visione celestiale.
Ragazzi miei, non raggiunsi i miei scopi per poco: mi recai con
passo pacato sino all’albergo… spiegai all’ albergatore i motivi
della mia fretta per tornare in via Bagnoli, allo stesso punto dove
lasciai la linea tranviaria (e il tram 975). Vidi che l’albergatore
era divertito, avendo conosciuto la mia idea; pensai che l’ allegria
di quella città fosse di buon auspicio; comunque gli lasciai i miei
documenti ed i miei bagagli e, sempre con calma, tornai sui miei
passi nel tentativo di prendere lo stesso tram.
Appena arrivai in via N. Bagnoli il tram mi passò davanti al naso.
La misteriosa tranviera, accorgendosi di me, ebbe un’ espressione
mista di compiacimento e soddisfazione, come per dire : “te l’ ho
fatta!!”
Tornai incazzato in albergo. Alla reception mi chiesero come fosse
andata e dissi con rabbia: - Si vede come è andata, no?- ...E quello
continuava a divertirsi…. Pensai: ”ridi in faccia a queste catene
che mi porto appresso!”
Presi documenti e bagagli, mi indicarono la stanza e mi ci infilai
dentro. Cercai il cellulare e chiamai Augusto, uno degl’ amici di
cui ho parlato sopra. Era l’unico numero che avevo a disposizione
(quello di Francesco non funzionava – e tutt’ ora non funziona-
inoltre non conosco quello di Paolo) per fargli sapere del mio
arrivo a Napoli e per avere luce sui programmi dei miei giorni
napoletani.
Nel frattempo si fecero le 2 di pomeriggio, mi accorsi che il mio
stomaco brontolava ma ebbi tutto il tempo per mangiare e riposarmi
con calma; con i miei amici trammofili mi sarei dovuto vedere alle 5
presso il deposito di Fuorigrotta.
Arrivato l’ orario dell’ appuntamento, mi incontrai con le suddette
anime, visitammo il deposito e vedemmo i mezzi che c’ erano, alcuni
in attesa di demolizione ma molti altri belli e fiammeggianti come
se fossero usciti dalla fabbrica. Mi accorsi della presenza della
vettura 975 in riposo, mi venne spontaneo chiedere ad un dipendente
dell’ azienda di trasporti quanti tranvieri donne ci fossero a
Napoli e come si chiamasse la tranviera che all’una faceva servizio
su quel tram.
Il dipendente si allontanò da noi per verificare. – Ashpett’!- mi
disse. Intanto Rosario,Francesco, Augusto e Paolo (poi ci
raggiunsero Gennaro e Antonio) mi chiesero cosa avessi in mente…
– Rintracciare quella tranviera, perché?-
– Ma dicci la verità che sei venuto a fare a Napoli?- mi chiese
Francesco
– Tranquilli, non mi distrarrò sul vero motivo della mia permanenza
partenopea
– Se… se, comm’ no? – mi dileggiò Augusto, e poi aggiunse, sempre
con sarcasmo: “Metallo!!”
– Ragazzi credetemi, che per quanto bella possa essere… mi
interruppe il dipendente, che lì era soprannominato “ ’o tram c’ ‘a
recchia ‘nterra” gridandomi da lontano…
– Tale Giuseppa Paiano… ha iniziato il servizio alle 10.30 di questa
mattina da s. Giovanni a Teduccio, poi è andata a Poggioreale e con
lo stesso mezzo è arrivata sino a qui, infatti ‘a 975 sta ‘cca.
Guardai negl’ occhi i miei compagni e ,con imbarazzo, domandai al
tipo:
– Quando riprenderà servizio?
– Se volete, vi lascio il suo numero di telefono
Continuai ad osservare i miei amici che mi mandarono simpaticamente
al diavolo e poi risposi:
– No, non credo che sia una buona idea, preferirei rincontrarla
mentre lavora, in modo “fortuito”.
Augusto continuava a stuzzicarmi ridicendo: “Metallo!”
Piccola parentesi in onore al dipendente ANM “ ’O tram c’ ‘a recchia
‘ nterra”: Costui era ( ed è) un tranviere in pensione che fa il
custode nel deposito. Ci raccontò quel dì , che quando era in
servizio, nelle ore di tarda sera , per tornare presto a casa, si
affrettava andando veloce con i tram. Ad una curva in particolare,
quella della chiesa di Porto Salvo, il tram, per l’eccessiva
velocità, sembrava curvasse rialzando le ruote sulla rotaia interna.
Quando raccontava l’ aneddoto ai suoi colleghi diceva (e continua a
raccontare): “ ‘O tram pigliaie ‘a curva c’a recchia ‘nterra
(traduco= lo specchietto del tram ha toccato terra in curva), ma
torniamo al racconto…
Intanto, gli altri dell’ allegra compagnia, si erano addentrati nei
capannoni e, pensando a cose più serie, discutevano per un eventuale
spazio utilizzabile nel deposito, qual’ ora ci fosse stata una
minima possibilità, aspettando anche i tempi della costituzione
della famosa associazione pro- tram, per iniziare la
ristrutturazione di un vecchio mezzo, dall’ azienda accantonato. Li
raggiunsi, portando il mio contributo metallaro a idee ed eventuali
progetti futuri.
La giornata ebbe un buon epilogo con un appuntamento accordato per
le 10 della mattina del giorno seguente, presso il deposito di s.
Giovanni a Teduccio.
Tutti avevano la propria auto per tornare a casa, tranne io. Quindi,
stanco per la faticosa giornata, tornai in albergo. Dal deposito
presi il n° 2 per raggiungere viale G. Cesare e da lì cambiai linea
con il tram 1 per recapitarmi (manco fossi una cartolina) in via
Nuova Agnano.
Arrivai in albergo intorno alle 8 di sera, andai a mangiare una
pizza e, dopo un’ ora scarsa, andai a buttarmi sul giusto giaciglio.
Presi sonno e quasi subito dormii come un sasso.
La mattina seguente mi svegliai più o meno alle 8.30 con tutta
calma, andai subito sotto alla doccia e, fresco come un fiore appena
sbocciato dal suo pacato sonno, feci una frugale colazione e subito
andai a prendere il tram (sperando di incontrare la bella dipendente
dell’ANM) che mi avrebbe portato in piazza Vittoria, per poi
prendere il 4 che mi avrebbe condotto al deposito che quel giorno ci
interessava.
La mistica tranviera non la incontrai!
Temevo di essere in ritardo e che gli altri, spazientiti, mi
aspettavano, ma notavo con sollievo che Augusto e Francesco non
erano ancora arrivati.
Nel deposito di s. Giovanni incontrai Paolo, Gennaro e Mauro, 3
trammofili di 3 fasce d’ età diverse ma piccoli come bambini
entusiasti perché avuto in dono i loro “trenini elettrici” (non
pensate che io sia stato immune da cotanta emozione).
Condivisi in toto l’ entusiasmo che aleggiava in quei luoghi con
tutto il gruppo:
- Eccoli là… finalmente sono arrivati Augusto e Francesco- ci avvisò
Gennaro indicandoli come se avesse visto Santa Claus
- E io temevo che fossi in ritardo- risposi loro
- E va bbuo’, jamm…- esclamò Augusto e aggiunse: “metallo”…
evidentemente gli piaceva molto chiamarmi così… e perché deluderlo?
In fondo era vero quel che le sue labbra profetizzavano.
- C’ è un traffico tremendo- aggiunse Francesco
Una volta tutti uniti, organizzammo la visita con i dipendenti .
Talmente presi dalla bellezza del deposito tranviario non ci
accorgemmo che il tempo volò e, senza che ce ne rendessimo conto,
giungemmo all’ ora di pranzo. Paolo, per l’ occasione, prenotò in
un’ ottima pizzeria nei pressi del Duomo (e nei pressi di casa sua)…
ci divertimmo molto, talmente tanto che l’ incontro con la tranviera
mi passò quasi dalla testa. Comunque ci fu del dileggio nei miei
confronti da parte di tutti a causa di quella ragazza.
Dopo il pranzo ci salutammo con molto calore ed ognuno rincasò con
una felicità infinita.
Augusto e Rosario rimasero con me, sapendo che rimanevo solo. Ci
facemmo una passeggiata verso piazza Plebiscito, giusto per
sgranchirci le gambe. Chiesi loro se mi avessero accompagnato per un
po’. Prendendo l’ ascensore adiacente al palazzo reale in piazza del
Plebiscito, scendemmo in via Acton per prendere il tram. Salirono
addirittura con me in direzione del Dazio. Non mi accorsi che quel
tram era guidato da quella che probabilmente si chiamava Giuseppa:
“ Dai .. ti accompagnamo sino a Piazza Sannazaro, poi torniamo
indietro.”
Il tram che prendemmo era alquanto pieno, ma arrivato a piazza
Vittoria dimezzò il suo carico.
Parlammo delle emozioni, delle parole, delle storie tramviarie che
per tutto il tempo ascoltammo e vivemmo. A metà altezza della
Riviera di Chiaia volli andare a vedere chi guidava il tram, eravamo
nella parte posteriore del mezzo: “Scusatemi – mi giustificai - devo
vedere una cosa…” Rosario e Augusto mi videro poi tornare bianco in
volto: “ragazzi… è lei che guida ‘sto coso… quella Giuseppa di cui
‘O Tram c’ a’ Recchia ‘Nterra mi ha detto il nome a Fuorigrotta e di
cui a pranzo vi ho parlato…e per la quale sono stato debitamente
sfottuto da voi”
Lei si accorse di me, vedendomi tramite lo specchietto interno che è
in dotazione in ogni vettura.
- Embè ?… e mo ce ne jamm’!-
- Ma noooo... Augu’ ma che dici ?
- Mi pare che qui siamo di troppo… ma che ci fai alle donne tu?
- Rosa’… ti ci metti anche tu?
Si continuò, tra seri discorsi e tra scherzi, a parlare di tram,
treni e Circumvesuviane. Raggiungemmo piazza Sannazaro e, come
promesso, i miei amici scesero per prendere un mezzo che li
riportasse indietro. Con un saluto molto affettuoso e qualche
scherno tra noi, si congedarono da me:
- Ci sentiremo presto- dissi loro e a Rosario dissi che a marzo
sarei andato all’incontro dell’associazione di cui era membro.
Li vidi avvicinarsi alla fermata opposta alla mia direzione di
viaggio… mentre il mio tram si allontanava da loro, mi salutarono
ancora e poi vidi Rosario appoggiarsi al palo della fermata..
Entrambi gesticolavano fortemente, mi chiesi cosa si stessero
dicendo.. e poi la curva del binario mi impedì di vederli… il tram
entrò nella galleria Laziale o “la Grotta” come i napoletani la
chiamano.
Rimanendo solo, mi arrivò in mente il pensiero della tranviera come
fosse stato un’ onda anomala, sentendomi anche addosso il torcersi
dello stomaco ed il sudore nelle mani; ma mi feci coraggio;
abbattendo ogni atomo di timidezza, mi avvicinai al posto di guida.
Ruppi il ghiaccio con una frase… forse tra le più classiche di uno
che vuole abbordare o conoscere una giovine donna.
- Ciao… sono sempre io-
- Eh!! Me ne sono accorta-
- Perché non ti sei fermata quando mi hai visto arrivare ieri all’
incrocio tra via Nuova Bagnoli e via Nuova Agnano?
- Ma guarda un po’ che pretese… e io mo’ fermo un tram perchè devo
vedere te?
- In effetti… hai ragione. Senti, non so perché… ma tu mi hai
colpito…
- Ma come, mò i metallari sanno fare pure gli sdolcinati?
- Perché, ti sembra una cosa strana? E poi sul discorso musicale ne
possiamo parlare quanto vuoi… ti interessi di musica?
- Certo … ma di sicuro non la tua, io sento un genere più calmo.
- A parte che io non ascolto solo gruppi metal, mi ritengo un
individuo musicalmente poliedrico
- Oohhh… che parolone… perdonami, ma ti ricordo che sto lavorando.
- Se ti do fastidio, dimmelo che non ti disturbo più
- No… non è quello, ma mi dà fastidio la sicurezza di voi uomini che
ci considerate come se ci aveste già in posizione orizzontale per
soddisfare i vostri ormoni in fermento (e chi sì? ‘o yogurt?).
- Mamma mia!!! E cosa ho detto per farti alzare le barricate in
questo modo? Ti garantisco che non sono uno che vuole dare fastidio,
per cui ti ripeto: se vuoi mi allontano, anche perché giustamente,
stai lavorando.
In quel momento oltrepassammo piazza Italia e, guardando verso
sinistra, mi rammentai di Maurizio perché mi parlò che andava spesso
allo Sferisterio per giocare e, abitando in piazza Garibaldi , si
faceva tutta la tratta cittadina in tram ( poi qualcuno dice che
siamo pazzi… ma ciò è ovvio). Tornando a quei momenti:
-Qual è il tuo nome?- mi chiese lei
-Alessandro!
- e cosa fai?
- Sono un odontotecnico… ma anche un musicista
- … e si vede per come vai vestito… tutto in nero, i capelli
lunghi…- Dopo un po’ di secondi di silenzio mi chiese:
- Ma non è che fai parte delle “bestie di Satana”?
- MMMMhhhhh…la solita battuta… ascolta, io saprei il tuo nome… ma
tranquilla: non è venuto satana in persona a dirmelo… quanto un
tizio che sta al deposito di Fuorigrotta che lo chiamano “tram c’ ‘a
recchia’n terra”.. – lei mi interruppe ammonendo il suo collega, ma
io la pregai di non prendersela con quello che per me è stato un
fantastico uomo per le cose che ci raccontò….
- No no.. è sempre il solito… non si fa mai i fatti suoi… va bbuo’
ja…allora, come mi chiamo? –
Mi chiese sfidandomi.
- Giuseppa!
- Aheee… ‘o ssapevo! Comunque preferirei “Giusy”.
- Dai non ti arrabbiare!- Intanto, tra una fermata e l’ altra,
raggiungemmo piazzale Tecchio.
- Immagino che tu non sia di Napoli…
- No.
- E mo’ quando parti?
- Domani mattina, prenderò il treno da Roma che mi riporta in Puglia
- Di dove sei?
- Di Lecce
- Ahh !!! Quindi non ti rivedrò più?
- Perché dici questo? Possiamo innanzitutto scambiarci sia i numeri
di telefono che gli indirizzi… che ne dici?
- No!!!
- Allora perché continui a parlarmi?
Per un attimo si girò verso di me e mi propose:
- Senti… perché non vieni fino al capolinea, al Dazio, così ne
parliamo? Non è lontano dalla tua fermata, lì devo sempre aspettare
un pò prima di ripartire.
Quando Giusy ebbe questa idea, eravamo in via Diocleziano già da un
po’. Incominciammo a raccontarci la nostra vita e le nostre idee,
poi le raccontai anche i bellissimi momenti passati insieme ai miei
amici amanti del mezzo più speciale che la mente umana possa aver
inventato: il tram!
Tra una chiacchiera ed un’ altra raggiungemmo il Dazio, scendemmo
dal mezzo e ci affacciammo verso il mare e lì ci scambiammo i nostri
recapiti telefonici… poi Giusy mi disse che doveva ripartire e così
fu.
Raggiungemmo la mia fermata alla direzione opposta
.A causa del nostro continuo parlare, Giusy tardò nel far ripartire
il tram. Una signora, infastidita per l’ attesa, gridò dalla parte
posteriore “signurì, aggiate pazienza, partimmo o m’aggia addurmì
dint’o tram?”
A quella “gentile” richiesta dovemmo necessariamente interrompere il
nostro idillio e quindi scesi dal tram. Tornai in albergo e salii in
stanza per farmi un’ ulteriore doccia. Uscii di nuovo per mangiare
una pizza. Per quanto buona poteva essere non riempiva il vuoto che
avevo: quanta compagnia di cui ho ricevuto gaudio e che begl’ occhi
di una semplice dipendente di un’ azienda di trasporti avevo
conosciuto. Tornai su in stanza, misi i bagagli a posto e mi
coricai, ma non riuscii a dormire per la troppa gioia incastrata nel
mio corpo.
Arrivò il nuovo giorno, mi alzai presto per i pensieri dei giorni
precedenti, una lavata di faccia, la solita colazione consumata in
poco tempo, pagai il mio conto e dall’ Hotel Villa Maria decisi di
raggiungere piazzale Tecchio a piedi, per ricordare ciò che ho
vissuto.
Ecco cosa mi successe, andai in una città bellissima per incontrarmi
con persone stupende e (non era in conto) per organizzare il
capodanno di quest’ anno insieme a queste persone fantastiche.
Intanto nell’arco dei 12 mesi trascorsi, Giusy ha conosciuto tutti i
trammofili presenti quel famoso giorno e adesso fa parte del gruppo.
Per concludere: vorrei dire a tutti coloro che vedono una città come
Napoli in malo modo, di stare attenti perché cotante magie, è
probabile che accadano solo lì, nella città di Pulcinella.
Ultimo pensiero: spero di non avervi annoiati.
ALESSANDRO CERVARICH (Alessandroch) |