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  Foto 1: Tra le due guerre: stazione Ferentillo

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  Foto 3: Vettura 76 negli anni del dopoguerra

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  Foto 4: Grazioso rimorchietto n. 51

 


Dietro questo titolo intrigante, si nasconde la storia di una tramvia tra le più famose tra quelle che percorrevano una volta, in lungo ed in largo la nostra penisola. Parliamo delle Terni-Ferrentillo: tramvia urbana, tramvia suburbana, ferrovia o raccordo industriale? La sua singolarità consisteva nel condensare forse un po’ di tutte queste definizioni. D’altro canto il suo transito ai piedi delle “Cascate delle Marmore”, le conferiva anche un tocco di ferrovia turistica dando concretezza al titolo seducente di questa piccola storia. Una storia che, vi dico subito, si concluse il 1960 quando già le autocorriere scaldavano i motori con le loro folate di fumo nero per prenderne il posto.
La tranvia Terni-Ferentillo rappresentò un piccolo ma concreto risultato delle grandi aspettative del secolo ‘800, quando s’intendeva mettere in comunicazione il Tirreno con l’Adriatico e cioè Roma con Ancona, attraverso una linea ferroviaria in transito lungo la Val Nerina. Malgrado il nuovo collegamento fosse ben poca cosa a fronte del ciclopico progetto, esso pur ebbe una gestazione travagliata non indenne da proteste e sollecitazioni per vederne realizzata la sua completezza. La prima tappa dell’opera fu costituita da una linea tranviaria urbana in partenza dalla stazione ferroviaria di Terni ed antenna sub-urbana verso Ferentillo, ma limitata a Collestatte. Questo tratto esterno alla città toccava i 2 stabilimenti per il Carburo di calcio a Papigno e Collestatte, di cui costituiva eccellente raccordo industriale. Il percorso era lungo circa 9 chilometri sui 17 progettati. Lo scartamento era quello ordinario di 1435 mm. con rotaie Vignole da 27,6 kg/m. Tutta la linea era elettrificata con filo di rame da 8 mm.
Il servizio urbano era assicurato da 50 corse giornaliere mentre quello interurbano da 8 coppie. La Società esercente il servizio era la STET. L’opinione pubblica, passato il momento di entusiasmo ed abituatasi agli agi ed alla comodità del nuovo mezzo di trasporto, incominciò a sollecitare la Società esercente perché potesse completare il progetto facendo arrivare il tram a Ferentillo.
Non furono sufficienti articoli di giornale e petizioni, ci fu bisogno di comizi, interrogazioni parlamentari e minacce di scioperi degli operai delle fabbriche dell’operosa Valnerina, per smuovere la STET. Una volta decisa la prosecuzione dei lavori, essa non fu priva di interruzioni ed opzioni operative come quella circa la scelta della trazione tra vapore ed elettricità. Fortunatamente prevalse la seconda.

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  Foto 2: Locomotore 30 già della SV

Così l’estate del 1909 la tramvia Terni-Ferentillo si poteva dire finalmente inaugurata e posta in funzione. Di fronte ad un servizio così impegnativo (urbano-interurbano-merci), il parco del materiale rotabile dovette essere opportunamente adeguato contando vetture tranviarie, locomotori elettrici per il servizio merci, carri e rimorchiate passeggeri per il rinforzo del servizio in caso di necessità. L’alimentazione avveniva con corrente continua a 600 volts fornita dalla stessa Società per il Carburo di Calcio.
Il suo orario di servizio appariva sul manuale Pozzo del 1912 al quadro 430 ed inserito dunque tra le ferrovie. Negli anni che seguirono fu un crescendo di successi in termini di traffico sia di passeggeri che di merci, tant’è che si dovettero acquistare altri locomotori ed altri carri. Arrivò la seconda guerra mondiale e con essa lutti e distruzioni, che infierirono specialmente sulla città di Terni. Per paradosso fu proprio in questo periodo che la tramvia diede il meglio delle proprie potenzialità. Da un lato per collegare la popolazione sfollata con il capoluogo; e dall’altro al servizio delle industrie della valle che lavoravano a pieno regime per le esigenze belliche e che avevano dunque bisogno di trasporti celeri ed affidabili. Tutto ciò lo poteva offrire l’instancabile tramvia, non soggetta ai carburanti petroliferi contingentati, ma al “carbone bianco” prodotto in loco dalla forza dinamica delle Cascate.
Dopo la guerra troviamo ancora il tram protagonista sia per il trasporto degli operai, sia per quello dei materiali di ricostruzione degli opifici. In questo periodo vennero anche acquistate e ricondizionate due motrici della tramvia di Viareggio. Intanto negli anni ’50, una leggera flessione del numero dei trasportati fece riflettere circa l’opportunità di ricostruire la linea magari trasformandola in ferrovia economica. Se ne occupò un nuovo direttore d’esercizio: l’ing. Malizia. Egli si lanciò nell’impresa con grande entusiasmo, ipotizzando un nuovo tracciato in sede propria e l’impiego di elettromotrici articolate tipo Stanga.
Arrivò il 1960 e con esso la scadenza della concessione. Quale migliore occasione per la STET che intanto si era trasformata in SOTRET, per chiederne la proroga con il rilancio del collegamento in grande stile? Ecco siamo arrivati lì dove avevamo iniziato il nostro discorso. Nulla di ciò fu fatto se non essere sedotti dalle lusinghe del mezzo gommato che offriva economicità, confort e velocità: tutti requisiti che si sarebbero pagati con inquinamento, sicurezza e traffico. Ma di ciò nessuno se ne rese conto.
Il 4 Maggio 1960 l’ultimo tram concludeva il servizio passeggeri; quello merci durò poco più.

Grazie dell’attenzione e buona domenica a tutti i trammofili d’Italia

Filobustiere

Foto 1 da cartolina Collezione G. Fiorentino
Foto 2, 3 e 4 foto amatoriali. Collezione G. Fiorentino

N.B. Per una breve ma interessante visione storica segnalo:
http://www.youtube.com/watch?v=493FeRB1rI4

Queste brevi note sono state ispirate dal libro “Le strade ferrate in Umbria” di Adriano Cioci Ed. Volumnia Perugia 2001. Scrittore e giornalista ha prodotto vari saggi, monografie, guide storico-culturali. La sua passione per le ferrovie lo ha indotto, nel tempo, a scrivere numerosi volumi dedicati per lo più, alle Ferrovie dell’Italia Centrale tra Abruzzo ed Umbria. Questa sua specializzazione, accompagnata da un vivo entusiasmo, ha colmato una profonda lacuna tra gli appassionati della materia arricchendo in maniera significativa, la bibliografia delle linee più “verdi” d’Italia. Alla Tramvia Terni-Ferentillo, riservò un volume specifico, pubblicato nel 1989 ed oggi di reperibilità molto difficile.

 


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