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  Foto 2: stazione di Frosinone (oggi)

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  Foto 3: la stazione di Montecompatri

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  Foto 4: la stazione di Guarcino

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  Foto 6: convoglio entra in città a Fiuggi (1930)

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  Foto 7: interno stazione Fiuggi Fonte (1938)

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  Foto 8 Elettrotreno 802 in una foto di fabbrica

 


Durante l’estate del 2008, il tratto terminale da Giardinetti a Pantano della cessata ferrovia Roma Fiuggi Frosinone, è stato chiuso all’esercizio per permettere la decisa prosecuzione dei lavori di costruzione della innovativa linea Metro “C” della capitale. A lato del disagio dell’utenza dell’ormai super urbanizzata periferia romana, vorrei porre anche quello mio ispirato a sentimenti di rimpianto per una ferrovia ed un’epoca. Ciò era in parte attenuato dall’illusione che quei tramvetti che da Roma conducevano ancora a Pantano, potessero essere i nipoti della mia adorata ferrovia. Ora l’esercizio si è davvero ridotto (Roma-Giardinetti) e non è necessario essere profeti, per prevederne la tombale archiviazione quando entrerà in funzione la Metro C delle meraviglie.
Per continuare ad alimentare la mia passione, non mi resta che sfogliare il mio album dei ricordi, recarmi qualche volta a vederne qualche vestigia oppure seguire le vicende del Museo di Colonna dove, in maniera eroica, si sta cercando di conservare le vecchie glorie dei rotabili. Proprio guardando le mie vecchie cartoline, mi accorgo della lungimiranza dei costruttori di questa ferrovia che più che una linea, costruirono un sistema di trasporto, provvidenziale per una zona che aveva bisogno di collegamenti per sollevare un’economia davvero modesta.
Per raccontarne la storia, dobbiamo spostarci in Belgio. Qui alla fine del secolo ‘800, ci si rese conto che l’enorme sviluppo delle ferrovie in atto all’epoca, non avrebbe mai potuto raggiungere ogni angolo del paese in maniera capillare. Allora, mentre le grandi città usufruivano dei benefici della nascente rete ferroviaria, ben poco vantaggio ne avrebbe ricevuto la miriade di centri rurali. E pensare che risolvendo il problema del trasporto di merci, passeggeri e prodotti agricoli, si sarebbe dato un concreto vantaggio all’asfittica economia della campagna. Si fece avanti l’idea di far nascere, a lato di quella convenzionale, una rete di ferrovie leggere ed economiche che potessero raggiungere il maggior numero di località agresti ed i cui estremi fossero posti presso stazioni ferroviarie di apprezzabile grandezza. Ma come si sarebbe potuto raggiungere l’obiettivo della economicità? Innanzitutto lo scartamento ridotto avrebbe ridotto il costo degli espropri nonché quello dell’armamento; poi la linea avrebbe seguito per quanto possibile strade già esistenti con la costruzione di minime opere d’arte. Inoltre non stazioni avrebbero punteggiato il percorso ma semplici fermate. I veicoli sarebbero stati i più spartani ed economici possibili. Insomma si capisce che siamo a livelli non di ferrovia vera e propria, ma di tranvia suburbana. Questo sistema si chiamò “Ferrovia Vicinale”. Il modello ebbe un grande successo e ne fu esportato il modulo.

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  Foto 1: Frontespizio di un curioso libretto edito dalla Società delle Ferrovie Vicinali per sviluppare il turismo dei luoghi attraversati dal treno.

Ritornando in Italia all’inizio del secolo del ‘900, una società belga in linea con questa filosofia, affidò all’ingegnere A. Clementi il progetto di creare una linea “vicinale” che potesse collegare Roma con Frosinone. Non un’inutile duplicazione di un collegamento ferroviario che in realtà già esisteva, ma seguendo una linea nuova e toccando centri che erano privi di collegamenti e che avrebbero tratto notevole vantaggio dalla perdita del loro isolamento. Sempre in aderenza alla tecnica delle Ferrovie Vicinali, si pensava altresì di arricchire il tracciato principale con antenne e servizi urbani che conferendo all’impianto la massima completezza, agevolassero quanti più paesi possibile.
Soddisfatti gli obblighi del Codice Civile con la costituzione della “Società delle Ferrovie Vicinali” (Foto 1) sulla falsariga di quella belga, partirono i lavori. Malgrado immaginabili difficoltà anche dovute alla concomitante Grande Guerra, il 14 Luglio 1917 il treno arriva a Frosinone (Foto 2) dopo alcune aperture di tratte intermedie. Non solo ma il tronco principale ha fatto sbocciare vari rami di notevole interesse. Esaminiamoli. In località San Cesareo, si stacca il collegamento con Frascati lungo circa 15 chilometri con due stazioni intermedie: Montecompatri e Monteporzio Catone (Foto 3). All’ingresso di Zagarolo viene realizzata una variante per cui taluni convogli per lo più merci, provenienti da Roma possono raggiungere lo Scalo FS. Espletate le eventuali operazioni di trasbordo, si ricollegano alla linea originale verso Frosinone. Superata Fiuggi andando verso la meta finale di Frosinone, a Vico nel Lazio si stacca un’altra antenna, al servizio del traffico locale verso Guarcino lunga km 3 (Foto 4).

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  Foto 5 Stazione di Centocelle che ospitava (ed ospita) altresì il deposito

Notevole attenzione viene riservata altresì al servizio urbano che si identifica in svariate realtà operative, esercitate con materiale leggero tipo tranviario. La Roma-Centocelle e derivazione fino a Piazza dei Mirti (Foto 5). Il servizio urbano di Frosinone. Il servizio urbano di Fiuggi. Quest’ultimo si articola in due appendici che si dipartono dalla stazione principale per scendere la prima all’ingresso inferiore della Fonte Bonifacio VIII e la seconda per ascendere a Fiuggi città. Addirittura un particolare raccordo permette un servizio diretto dalla Fonte alla città bypassando la stazione. Nel momento di sua massima espansione così com’è stata descritta, la rete ammonta ad una lunghezza complessiva di oltre 140 chilometri. In futuro non verrà mai più presa in considerazione quella parte incompiuta del progetto, apparsa subito audace e fantasiosa, che la voleva estesa a Isola Liri ed addirittura alla Ferrovia Sangritana.
L’esercizio parte a razzo con un gradimento davvero apprezzabile che si manifesta con una notevole frequentazione di passeggeri ed anche di merci. L’intuizione dei Belgi aveva fatto scuola. I paesi posti lungo la Via Prenestina abbandonato il loro storico isolamento, possono portare ai mercati della capitale i prodotti delle loro terre. Anche il turismo se ne avvale. I benefici effetti dell’acqua di Fiuggi vengono resi noti al mondo, che ora può raggiungere con comodità la città termale attraverso la ferrovia vicinale sia da Roma che da Frosinone. Negli anni ’30, anche grazie ai nuovi traffici indotti dalla Ferrovia, a Fiuggi viene costruito un albergo enorme, capace di centinaia di ospiti. Si chiama “Salus”, la salute dei latini (Foto 6).
Il percorso Roma Fiuggi viene coperto in circa 3 ore ed un quarto. Un po’ in meno con il “diretto” che viene proposto all’inizio degli anni ’40 e ripreso nei ’50 (Foto 7).

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  Foto 9 ETR 801 ripreso ad Ottobre 2008 dopo un restauro durato appena circa 5 mesi ad opera del Museo di Colonna

A partire dagli anni ’30 però si scopre che i conti non tornano. La ferrovia viene commissariata e poi affidata alla Stfer, che si chiamerà poi Stefer. In vista di conseguire economie di esercizio, non si dovrà attendere la guerra per vedere la chiusura della diramazione per Guarcino ed addirittura il segmento Alatri-Frosinone, seguito dal servizio urbano di quest’ultima. Nel dopoguerra toccherà alla San Cesareo-Frascati. Negli anni ’60, una generalizzata e diffusa pratica delle cure termali per tutti ed a carico dello Stato, riporterà un po’ di ossigeno a questa ferrovia. Il varo dei famosi nuovi treni ETR 801-803 (Foto 8) e poi 811-817, rifletteranno questo momento da canto del cigno. L’opinione pubblica avrà l’impressione che qualcosa si stia muovendo per rivitalizzare l’ormai vecchia Roma-Fiuggi. Forse sarebbe stato più utile rettificare curve ed evitare passaggi in mezzo al traffico cittadino, piuttosto che comprare treni nuovi per arricchire un parco che pure era obsoleto.
L’epilogo non ve lo racconto perché è storia contemporanea ed è nota a tutti. Tra problemi finanziari, competenze regionali, interessi economici e diatribe politiche, la ferrovia cessò alla fine degli anni ‘80. L’agonia fu mimetizzata tra varie frane che davvero ricorsero, e le fumose promesse dei politici che seguirono la famosa parabola della tela di Penelope. Il solo servizio urbano e suburbano fino a Pantano, dava motivi d’interesse per uno sviluppo futuro.
Esaurito il nostro lungo flash back, ritorniamo all’antefatto dove diciamo che il futuro si chiama linea C: ma questa è un’altra storia di cui parleremo magari una prossima volta. Ci resta il sogno, in parte realizzato, di un uomo chiamato Giuseppe Arena che combattendo con forza contro gli eventi, ha voluto fermare il tempo nella stazione di Colonna. Qui a prezzo di enormi sacrifici anche economici, ha raccolto e restaurato molti rotabili del parco della Roma-Fiuggi. Purtroppo un triste destino gli ha impedito di vedere la sua impresa completata, ma che continua a progredire con l’apporto della sua famiglia e di volontari (Foto 9).

Grazie dell’attenzione e buona domenica a tutti i trammofili d’Italia

Filobustiere

 

Per approfondire:

  • Muscolino e Formigari, Le tranvie del Lazio, Edizione Calosci 2004

Riferimenti agli argomenti trattati nei precedenti inserti del TdS:

 


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